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Cheikh Anta Diop

L’Africa è stata ed è una fucina di intellettuali di primo piano che, purtroppo, sono poco o per niente conosciuti. Cheikh Anta Diop, fisico, chimico, antropologo, linguista, storico ed egittologo, è stato senza alcun dubbio uno dei massimi rappresentanti di questa schiera di pensatori. Nato il 29 dicembre 1923 in Senegal, all’epoca colonia francese, in una famiglia appartenente all’aristocrazia wolof[1], C.A. Diop riceve i primi insegnamenti scolastici in una scuola coranica; successivamente viene avviato alle scuole coloniali francesi dove completa gli studi medi e superiori per trasferirsi subito dopo a Parigi ed iscriversi alle facoltà di matematica e di lettere presso la Sorbona, la più prestigiosa università francese.

Qui si laurea in filosofia e consegue anche il dottorato in scienze dell’antichità. Contemporaneamente, porta avanti gli studi scientifici, collabora con Frédéric Joliot-Curie (premio Nobel per la chimica) e si specializza in fisica nucleare presso il Laboratoire de chimie nucléaire du Collège de France. Ben presto lo studioso fa uscire il suo lavoro dal ristretto ambito accademico e lo pone al servizio dell’Africa iniziando, a premessa di un rinascimento africano[2], un cammino difficilissimo e pieno di insidie per risvegliare gli africani dal lungo sonno culturale e storico in cui l’intellighenzia europea, attraverso secoli di colonialismo, li ha arbitrariamente ed artificiosamente sprofondati. L’impegno culturale di C.A. Diop finalizzato alla difficile ricostruzione dell’identità storica degli africani inizia poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, alla quale migliaia di giovani africani avevano partecipato inquadrati negli eserciti dei cosiddetti Paesi democratici (loro colonizzatori). Inizialmente, lo studioso senegalese trova intorno a sé un clima di fiducia e soprattutto un fermento culturale che lo incoraggiano ad andare avanti senza indugi. A livello mondiale ed in Europa in particolare i popoli, stanchi e ancora feriti dalla guerra, chiedono a gran voce il riconoscimento concreto di quei diritti umani che solo nelle enunciazioni di principio sembrano trovar posto.

Purtroppo, quella iniziale sensibilità delle opinioni pubbliche occidentali agli aneliti di libertà provenienti dall’Africa profonda attraverso i suoi intellettuali di punta ben presto svanisce, soffocata e mortificata dalle logiche della Guerra Fredda, anestetizzata dal consumismo e dal boom economico. C.A. Diop diventa un personaggio scomodo sia per il mondo accademico ufficiale che vede messe in discussione presunte verità storiche funzionali alla politica colonialista sia per il mondo politico che vede nel suo impegno intellettuale i prodromi della fine del colonialismo nelle forme e nei modi fino ad allora portati avanti. L’impegno politico di C.A. Diop è chiaramente di altissimo livello, raffinato basato sulla forza dirompente di un’arma temibile e difficile da contrastare quella della cultura, dell’erudizione e della verità storica oggettiva. Un terreno sul quale non ha avuto rivali.

Nel 1951, in qualità di segretario generale della Association des Étudiants du Rassemblement Démocratique Africain, si impegna con passione per la causa dell’indipendenza africana e nel 1951 organizza il primo Congrès Panafricain Politique d’Étudiants aperto anche gli studenti delle colonie inglesi. In quel periodo elabora la tesi di dottorato in cui espone la sua dirompente teoria: «la civiltà dell’antico Egitto appartiene totalmente all’Africa nera, che dimostra così di essere all’origine della cultura, della storia e della civilizzazione occidentale, contro la tesi universalmente propugnata, che la fa scaturire dal “miracolo greco”»[3]. Il risultato del lavoro scientifico, linguistico, sociologico e antropologico è chiaro: l’antico Egitto era negro.[4] Detta tesi viene respinta dal mondo accademico francese.

La regressione culturale degli africani, la perdita della memoria storica e la mancata conoscenza della grandezza della propria civiltà passata è talmente accentuata che le nuove generazioni, in lotta per la quotidiana sopravvivenza fra carestie, pandemie e guerre, l’hanno metabolizzata come una normale condizione alla pari dell’alternarsi delle stagioni secche con quelle umide. C. A. Diop con il suo lavoro, con il suo impegno ha cercato di risvegliare da questo lungo sonno tutto il popolo africano senza distinzione di etnia o di appartenenza statuale andando alla radice del problema studiando l’origine della civiltà africana prodromica, secondo la sua teoria, a quella egiziana. Il suo impegno intellettuale supportato da puntuali ed oggettive prove scientifiche mette in discussione i dogmi storico culturali che avevano aperto la strada, giustificato e supportato agli occhi delle opinioni pubbliche europee le imprese coloniali di quegli stessi stati nazionali porta bandiera al loro interno di sacrosanti principi di indipendenza, libertà ed uguaglianza.

C.A. Diop avvia pertanto una scuola di pensiero sulla storia africana denominata razionalista in contrapposizione a quella dogmatica del filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel secondo cui, nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia, l’Africa era un continente astorico: «L’Africa per tutto il tempo a cui possiamo storicamente risalire, è rimasta chiusa al resto del mondo. È il paese dell’oro, che resta concentrato in sé: il paese infantile avviluppato nel nero colore della notte al di là del giorno della storia consapevole di sé. La sua chiusura dipende non solo dalla sua natura tropicale, ma essenzialmente dalla sua configurazione geografica»[5]. Entrando ancor più nello specifico, alla luce di quanto riferito da esploratori e missionari, Hegel vede l’uomo africano «nello stato della rozzezza e della barbarie: ancora oggi è rimasto tale. Il negro rappresenta l’uomo naturale nella sua totale barbarie e sfrenatezza: per comprenderlo dobbiamo abbandonare tutte le nostre intuizioni europee. Non dobbiamo pensare né a un Dio spirituale né a una legge morale: dobbiamo fare astrazione da ogni spirito di riverenza e di moralità, da tutto ciò che si chiama sentimento, se vogliamo cogliere esattamente la sua natura».[6]

Hegel muore nel 1831 e la prima edizione delle sue lezioni, curata dai suoi allievi, viene pubblicata nel 1837. Siamo agli inizi del XIX secolo ed il pensiero di Hegel riguardo al continente africano ed agli africani non solo influenzerà in maniera decisiva la cultura ed il mondo accademico europeo ma fornirà sul piano politico la giustificazione morale, la base ideologica per avviare una sistematica colonizzazione dell’Africa che con la Conferenza di Berlino (1884 – 1885) toccherà il punto più alto con la spartizione a tavolino del continente tra le potenze europee.  In merito alla creazione degli Stati africani da parte delle cancellerie europee ed al fine di cercare di rendere più chiaro quel delicato e travagliato passaggio storico, voglio brevemente riportare quanto scritto da Catherine Coquery-Vidrovitch[7] nel suo libro Breve storia dell’Africa: «La maggior parte degli Stati africani contemporanei non sono affatto nati negli anni Sessanta, come farebbero pensare le date di  indipendenza. Hanno cominciato a prendere forma molto prima, quando sono stati tracciati i loro confini territoriali, cioè fra il 1885, in occasione della conferenza internazionale di Berlino, e il 1900; l’eccezione è l’Unione Sudafricana bianca, indipendente dal 1910. È in questo periodo che sono state riconosciute le linee di frontiera dei territori coloniali: a differenza delle zone di frontiera degli Stati africani precedenti, la cui estensione era molto vaga e poteva variare, le linee di frontiera furono tracciate sulle carte e dunque definite dalle cancellerie. La loro immutabilità fu confermata nella Carta dell’Oua (Organizzazione dell’unità africana, 1963)».[8]

Bene, C. A. Diop cercherà di demolire la visione hegeliana che tanto male ha fatto agli africani, che ha giustificato genocidi e violenze di ogni genere, adottando nello studio della storia africana «un’ottica conforme al metodo scientifico utilizzato nell’ambito delle scienze sociali. Da un lato, infatti, essa analizza la storia africana partendo da un’ipotesi di lavoro verificata tramite le fonti attendibili della storia; dall’altro, procede a una razionalizzazione della storia africana svolgendone una lettura in chiave diacronia e di casualità storica».[9] Il metodo razionalista di Diop apre nuovi scenari e dimostra che l’Africa non è astorica ma è a pieno titolo dentro la storia «a livello delle istituzioni politiche, dell’organizzazione sociale ed economica e delle rappresentazioni religiose e filosofiche, ma anche delle opere tecniche e scientifiche».[10] La scuola razionalista, attraverso il concetto di regressione storica, fornisce una risposta anche alla teorizzazione da parte della scuola dogmatica del presunto ritardo storico degli africani rispetto al resto dell’umanità; un ritardo sia materiale che spirituale. Per C. A. Diop una civiltà urbana può ritornare (regredire) ad una civiltà rurale ed anche forestale a causa di più ragioni: perdita della propria indipendenza per un lungo periodo di tempo; perdita del controllo scolastico-educativo o crollo della coesione nazionale.  Il tessuto sociale, culturale e politico delle società africane del XIX e XX secolo è il risultato della violenza esercitata dagli Stati europei a partire dal XVI secolo. Una verità sul piano storico scientifico che non può essere mistificata come ritardo storico, offensivo per i milioni di morti che il colonialismo ha lasciato dietro di sé. È evidente che una simile visione della storia africana abbia dei risvolti di carattere politico in quanto va ad intaccare alle fondamenta i presupposti storico-culturali su cui per secoli si è basata e giustificata l’egemonia europea in Africa. C. A. Diop ha legato la sua tesi, finalizzata a restituire agli africani la dignità storica che meritano nel consesso umano, ad un ragionamento logico che ha fatto perno sulle «fonti probanti della storia, in una prospettiva di causalità storica».[11] Nei suoi studi è affiancato e sostenuto dal Théophile Obenga, suo allievo nonché raffinato intellettuale panafricanista, storico, linguista e specialista in egittologia nero-africa­na, anche lui convinto assertore sul piano politico della unità continentale dell’Africa, della creazione di uno Stato federale panafricano con una lingua unica.

Alla sua morte Diop lascia alle nuove generazioni un patrimonio culturale identitario africano di valore immenso e, soprattutto, le basi per il Rinascimento dell’Africa.

 

 

NOTE:

[1] Enciclopedia Treccani, «Wolof: Ampio gruppo etnico dell’Africa Occidentale, stanziato in Senegal Stato in cui i W. sono maggioritari) e in Gambia. Secondo le tradizioni orali, prima dell’incontro con gli Europei nel 15° sec., i W. avevano già dato vita a un vasto impero chiamato Dyolof. In realtà, l’influenza europea si farà sentire solo nel 19° sec.: più intensi invece furono i contatti con le popolazioni arabe che portarono alla conversione all’islam. Anche oggi quasi tutti i W. sono islamici». http://www.treccani.it/enciclopedia/wolof/

[2] «Quand pourra-t-on parler de renaissance africaine?», Elikia M’Bokolo, Mémoire d’un continentCheikh Anta Diop: le dossier «Egypte pharaonique», http://www.rfi.fr/emission/20160807-cheikh-anta-diop-histoire-africaine-negritude-egypte-pharaonique-grece-ancienne

[3] Rivista semestrale di Filosofia, Incontro con la filosofia africana, N. 6 – Anno 2009, p. 33.

[4] Alain Foka, Archives d’Afrique  Portrait de Cheikh Anta Diop. http://www.rfi.fr/emission/20150704-portrait-cheikh-anta-diop-1-210

[5] HEGEL G.W.F, Lezioni sulla filosofia della storia, Vol. I, La razionalità della storia, «La Nuova Italia Editrice», Firenze, 1961, p. 239.

[6] ivi, p. 243.

[7] Professore emerito all’Università Paris-VII, specialista del mondo africano.

[8] Catherine Coquery-Vidrovitch, Breve storia dell’Africa, il Mulino, Bologna, 2012, p. 133.

[9] José do-Nascimento, Storia del continente africano, una lettura razionale e sintetica, QuiEdit, Verona,2015, p. 25.

[10] ibidem.

[11] Ivi, p. 27

Bibliografia sommaria

Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, Edizioni dell’Ateneo S.p.A.

Catherine Coquery, Breve storia dell’Africa, Il Mulino, Bologna, 2012.

Giovanni Carbone, L’Africa. Gli Stati, la politica, i conflitti, Il Mulino, Bologna, 2012.

Cheikh Anta Diop, Antériorité des civilisations nègres: mythe ou vérité historique?, Présence africaine, Paris 1967.

Cheikh Anta Diop, L’Afrique noire précoloniale, Présence africaine, Paris 1960.

Jean-Marc Ela, L’Africa a testa alta di Cheikh Anta Diop, Emi, Bologna, 2012.

 

 

Sitografia

http://www.cheikhantadiop.net/

http://www.gambia.dk/antadiop.html

https://iridediluceluxury.files.wordpress.com/2014/01/hegel-lezioni-sulla-filosofia-della-storia-a-cura-di-calogero-e-fatta-vol-1.pdf

http://www.rfi.fr/emission/20160807-cheikh-anta-diop-histoire-africaine-negritude-egypte-pharaonique-grece-ancienne

https://lanouvelletribune.info/archives/international/1499-theophile-obenga

https://www.monde-diplomatique.fr/1998/01/HERVIEU_WANE/4285

https://afrooptimism.wordpress.com/2010/02/07/meet-cheikh-anta-diop-one-of-the-greatest-african-scholars-of-our-times/

http://www.panafricanistes.com/biographie-de-Theophile-Obenga.html

https://samups.wordpress.com/2015/02/13/recenzione-lafrica-a-testa-alta-cheikh-anta-diop/

http://www.treccani.it/enciclopedia/wolof/