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La ferita dell’Europa

Il 14 dicembre al Parlamento europeo si è svolta la cerimonia di consegna del Premio Sacharov 2022, per la libertà di pensiero, conferito quest’anno al “coraggioso popolo ucraino” per la resistenza a difesa della democrazia.

Fonte: Parlamento Europeo

Sono trecento giorni dall’invasione di un paese sovrano, come l’Ucraina, da parte dell’esercito di un Paese straniero, la Russia, che ha riportato improvvisamente indietro di settanta anni la storia dell’Europa.
Una ferita nel cuore del continente europeo, tuttora ancora lacerante, mentre quel popolo simbolicamente premiato, attraverso i pochi rappresentanti presenti a Strasburgo, è tragicamente piegato, sotto incessanti attacchi aerei e terrestri alla loro vita ed a tutte le infrastrutture vitali indispensabili per la sopravvivenza nella morsa gelida dell’inverno incipiente.

Foto di Mathias Reding: https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-banner-gruppo-tenendo-11421332/

E’ questa la fase più cruenta dell’aggressione, perché è diretta ai civili, a città, borghi, abitazioni, scuole, ospedali, sebbene obiettivi tutelati dalle norme internazionali, già privi da giorni di energia ed acqua e via via distrutti da micidiali droni e missili.

Tutti i tentativi e gli approcci a vari livelli internazionali per individuare percorsi di mediazione atti ad avviare un tavolo di trattative per la pace si sono polverizzati nel nulla di fatto.
La comunità internazionale è come congelata, gli strumenti normativi reiteratamente violati sono inerti, privi di cogenza.
Rimangono in piedi le Risoluzioni ONU, UE e G20 di condanna e le sanzioni internazionali che, sconvolgendo ritmi e processi delle catene globali di valore, hanno provocato danni economici e finanziari soprattutto all’Occidente che le ha emesse.
Risoluzioni, che nella dinamica della loro approvazione o dissenso, hanno fatto emergere plasticamente una configurazione del mondo diviso tra democrazie ed autocrazie, queste ultime interessanti in parte non minoritaria del Pianeta.
Un quadro d’insieme non rassicurante, con al centro l’Europa, ferita nel suo confine orientale, che non è riuscita ad assumere quel ruolo primario che le competeva per la risoluzione del conflitto, perché rimasta compressa tra altri attori internazionali i cui giochi complessi non hanno finora previsto un rapido raggiungimento della pace.